E’ in attesa di approvazione la modifica al Dlgl 59/2017, che
disciplina il nuovo sistema di
formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria.
Per concorrere per i posti comuni
di ITP, ossia per le classi di concorso della Tabella B del DPR 19/2016 e delle succcessive modifiche del DM-259 del 2017 per le
quali è necessario come requisito di accesso il diploma basterà infatti avere i
titoli previsti per l’insegnamento della specifica classe di concorso, quindi il
solo Diploma (eventualmente congiunto ad altri titoli specifici se previsti dalla tabella).
Qui un link ad un'applicazione messa a disposizione dall FLC CGIL per controllare se il proprio diploma consente di accedere all'insegnamento e per quali classi di concorso.
Per gli ITP quindi niente 24 CFU,
niente Laurea triennale, almeno fino al 2024/2025.
Inoltre chi supera tutte le prove
concorsuali, ossia ottiene anche il punteggio minimo per ciascuna delle 3 prove
(2 prove scritte e 1 prova orale) consegue l’abilitazione all’insegnamento per
le medesime classi di concorso (art 1, comma 6).
Questo significa che chi ottiene
almeno 7/10 ad ogni prova, anche se non risulta vincitore di concorso,
conseguirà l’abilitazione all’insegnamento.
I nuovi abilitati con questa nuova
procedura concorsuale, potranno quindi iscriversi in II fascia di Graduatorie
di Istituto, a meno che il nuovo governo non proponga qualche altra fantasiosa
riforma anche per il reclutamento dei docenti a tempo Determinato, modificando
le fasce delle GI o i requisiti di accesso.
Per quanto tutto questo possa
sembrare un miglioramento della situazione (e in parte lo è in quanto un FIT con
tirocinio di 2 o 3 anni per professionisti laureati e spesso plurispecializzati
era impraticabile), comporterà numerose problematiche e andrà a inasprire la
situazione del precariato, problematiche, peraltro, già note e già vissute almeno
dal 2000, dopo il concorso del 1999.
Un vero e proprio ritorno al
passato di 20 anni.
Nel prossimo post approfondiremo in
che modo questa riforma potrebbe peggiorare le condizioni, non solo dei docenti
precari, ma di tutta la scuola a partire dai veri protagonisti: gli alunni.
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